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Zootecnia in Italia: meno aziende, ma allevamenti più grandi

L’allevamento, in particolare quello bovino, rappresenta una delle peculiarità più importanti del mercato agricolo in Italia. Produzioni prestigiose come quelle del Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Mozzarella di bufala e Pecorino Romano nascono da filiere DOP rigorosamente Made in Italy

La produzione della maggior parte delle eccellenze italiane in campo caseario si concentra nella zona della «Milk Production», area che include Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna con nuclei localizzati anche in altre zone dell’Italia fortemente vocate alla produzione di latte come la zona di Arborea in Sardegna e specifiche aree del Lazio e della Campania
Simile è la situazione per quanto riguarda la produzione di carne bovina, concentrata tra Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna con sviluppi nel Centro Italia per quanto riguarda le produzioni che fanno capo al Consorzio Tutela Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale. Sia che si tratti di prodotti caseari sia che di prodotti della macellazione la produzione del nostro paese rappresenta oggi un punto di riferimento per tutto il mondo.

Ma qual è lo scenario attuale delle aziende zootecniche italiane? Che cosa sta cambiando in questo settore?

Dati Istat alla mano, il cambiamento più importante riguarda il numero delle aziende zootecniche sul nostro territorio, quasi dimezzato in 10 anni: dal 2005 al 2015 si è passati da 60 mila aziende specializzate nell’allevamento di bovini da latte a circa 33 mila con un trend successivo ulteriormente in calo. Ma un dato altrettanto significativo è che il numero complessivo di capi allevati è sempre il medesimo: 1,5 milioni. Ciò significa che a fronte di una drastica riduzione delle aziende produttrici di latte, si ha un altrettanto significativo aumento delle dimensioni degli allevamenti.

Vacche in mungitura

Oggi la dimensione media degli allevamenti da latte è di 100 capi con sempre più aziende di “formato XXL”, che si spingono fino a 800-1000 capi allevati.
Tale scenario incide fortemente sulla meccanizzazione delle attività in stalla con un interesse crescente per i mezzi semoventi, in grado di rispondere alle necessità di spostamento tra più nuclei produttivi, e per i carri miscelatori trainati ad alta autonomia con capacità fino a 45 mc ed oltre.

Trattandosi spesso di filiere d’eccellenza ad alto valore aggiunto, la propensione degli allevatori va tuttavia oltre le capacità del carro: le aziende zootecniche sono oggi molto specializzate, competenti, attente alla qualità dell’alimentazione, al benessere degli animali, nonché alla comodità d’uso delle macchine a tutela dell’operatore che per molte ore al giorno le utilizza.

Sempre più attenzione dunque alla tecnologia e a ciò che il futuro potrà a breve offrire, anticipando soluzioni robotizzate che presto consentiranno una gestione di altissima qualità dell’alimentazione animale, integrandosi all’organizzazione già esistente, senza la necessità di sconvolgere le strutture aziendali. 

Le aziende zootecniche che hanno un sito web o una pagina social %
Le aziende del Nord che utilizzano strumenti di precisione %
Le aziende che hanno acquistato servizi di cloud computing %

Aziende zootecniche sempre più connesse 

L’accesso a una connettività veloce e affidabile, la disponibilità di capitale umano in possesso delle competenze necessarie per usare strumenti tecnologici evoluti, la scelta del digitale come investimento necessario anche se costoso, sono elementi di innovazione per la competitività e la sostenibilità delle produzioni delle aziende zootecniche, che però soffrono ancora un forte divario digitale. Ciononostante, il miglioramento è netto rispetto a quanto rilevato dal Censimento generale dell’agricoltura del 2010 quando solo il 3,8% delle aziende agricole aveva avviato processi di digitalizzazione e l’1,2% navigava su Internet. Nel 2020, quasi una azienda su tre è dotata di personal computer, di una connessione e delle competenze digitali. 

Nel complesso il 52,8% delle aziende zootecniche italiane ha dichiarato di utilizzare una connessione in banda larga. Tale proporzione cambia se si considerano dimensione aziendale e localizzazione geografica. La quota di aziende con oltre 5 addetti collegate in rete raggiunge l’82,6% contro il 59,3% di quelle con 2-5 addetti e il 39,0% delle aziende con un addetto. Sul territorio invece la maggiore diffusione di connessioni veloci si rileva tra le aziende del Nord-ovest (63,1%) e del Nord- est (61,4%); decisamente più basso l’utilizzo al Sud e nelle Isole dove la connessione a banda larga riguarda solo il 34,3% delle aziende.
 

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